Storia

Il sito

Le prime notizie relative all’antico cimitero degli Ebrei di San Vito al Tagliamento risalgono al 20 aprile 1687, data in cui la piccola comunità ebraica sanvitese chiese alle autorità il permesso di adibire a uso cimiteriale un sito all’interno del bosco comunale detto “Bosco della Man di Ferro”. Il consiglio della cittadinanza acconsentì alla richiesta individuando il sito per la sepoltura dei defunti in un luogo già allora destinato a prato e in affitto al medico ebreo sanvitese Leon Romanin. In seguito l’area venne acquistata dalla comunità ebraica e il cimitero venne utilizzato fino allo sfaldamento della comunità prodottosi sul finire del ‘700.

Nel tempo il sito del cimitero subì diversi passaggi di proprietà fino a essere incluso, sul finire del secolo scorso, tra i beni della fondazione Falcon Vial. Nelle mappe catastali continuò a figurare come un’area quadrangolare a destinazione prativa denominata “prato del cimitero” anche se nulla restava ad indicare la sua antica funzione.

Il Bosco della Man di Ferro era situato assieme agli altri lembi boschivi planiziari, che persistevano da tempi remoti nel territorio, nell’area della leggendaria antica Silva Lupanica, così era indicata, secondo una consuetudine che si ritiene derivata dalla storiografia dell’ ‘800, l’imponente foresta di querce che in età storica antica copriva la bassa pianura friulana tra i fiumi Livenza e Isonzo. Era una proprietà di uso pubblico, il cui sfruttamento era concesso con l’assegnazione di piccoli lotti ai richiedenti. In corso di tempo il frazionamento dell’area boschiva crebbe e questo provocò un cambiamento repentino del paesaggio, che divenne un mosaico di aree boscate, aree prative e coltivi. L’elemento naturale la cui disponibilità dava vita a tale alternanza di prati, lembi boschivi, radure alberate, colture, a cui facevano da contorno ampie aree acquitrinose, era l’acqua sorgiva, che affiorava abbondante dal sottosuolo.

Nella primavera del 1986 quest’area, di proprietà della fondazione Falcon-Vial, assieme a un ben più vasto possedimento, veniva posta in vendita. La Provincia di Pordenone acquistò l’area grazie all’iniziativa di un gruppo di volontari e di una sottoscrizione pubblica per impedire la perdita di identità del luogo e dei valori da questo espressi, inevitabile se l’area fosse stata sottoposta ai lavori di riordino fondiario che da decenni avevano un impatto dagli esiti irreversibili sul paesaggio naturale e agrario italiano. L’Associazione “Bosco della Man di Ferro e Sito dell’Antico Cimitero Ebraico” nasce nel 1990 con la finalità di conservare e valorizzare il sito denominato “Cimitero degli Ebrei” e di costituire un’area protetta denominata, secondo l’originale toponimo storico, “Bosco della Man di Ferro” mediante la custodia, la conservazione, il ripristino, nonché la valorizzazione naturalistica di un sito più esteso.

Il territorio

Questo lembo boschivo ricostruito sull’orma dell’antico Bosco della Man di Ferro si situa in una porzione di territorio che ospita ancor oggi le tracce dell’antica foresta planiziaria. Esse si identificano nei popolamenti di latifoglie mesofile che si conservano, non lontano da questo luogo, a nord dell’abitato di Torrate e nella vegetazione delle siepi campestri che permangono in questa località denominata “Boscato”.

Il toponimo Boscato è evocativo di una estensione boschiva che le informazioni storiche riferiscono nel diciottesimo secolo essere suddivisa in molteplici, distinte, unità particellari.

Con la ripartizione fondiaria in questi luoghi interferiva una diversità ambientale che si basava sulla discontinuità del popolamento boschivo per la presenza di vaste aree umide. Della configurazione originaria dell’ambiente fa cenno, quale testimone d’eccezione a metà del secondo decennio del secolo scorso, il celebre letterato cesenate Renato Serra riferendo con una mirabile efficacia descrittiva di un territorio in cui – sono sue le parole – «di tanto in tanto si trova addirittura la palude, o piuttosto l’acquitrino; praterie velate d’acqua, boschetti e giuncaie cogli orli allagati».

Si assisteva allora, antecedentemente agli interventi generalizzati e sistematici di regimazione delle acque e di dissodamento dei terreni, realizzati specialmente a partire dagli anni del secondo dopoguerra, al manifestarsi pressoché nella sua integrità del paesaggio naturale delle risorgive. Tale ambito territoriale, infatti, si colloca nella zona della bassa pianura alluvionale posta alla base del conoide fluvioglaciale del Tagliamento in cui le acque sotterranee, nell’assetto originario dell’ambiente, affioravano in superficie dando luogo per erosione a morfologie depressionarie del suolo allagate in permanenza.

Un aspetto particolare del fenomeno al presente ancora lo possiamo osservare, non lontano da qui, nell’area costitutiva del biotopo regionale Sorgenti del rio Vignella, dove le polle sorgive assumono la forma di ampie pozze scavate dal moto dell’acqua in profondità negli strati del terreno.

Il progetto di ricomposizione paesaggistica

L’area oggetto di intervento, di circa 23.000 mq, includeva oltre che il sito denominato “prato del cimitero” anche superfici alberate, prative e una zona di arativo. Il progetto aveva come preciso scopo quello di conservare il sito storico unitamente ai suoi contenuti naturalistici e di effettuare una ricostruzione ambientale mirata a favorire il ricostituirsi degli habitat naturali e rivolta, in coerenza con tale obiettivo, anche alla conservazione delle specie floristiche di risorgiva e di quelle legate all’ambiente dei boschi planiziali, alcune delle quali minacciate di estinzione nel territorio locale. Gli interventi hanno riguardato in particolare la ricostruzione di ambienti umidi diversificati, del bosco planiziale e di un prato stabile, mentre sono stati conservati nella loro integrità il prato dell’antico cimitero e il siepone segnaconfine.

Il sito riveste anche interesse paleobotanico, inerente alla stratigrafia sedimentaria della pianura nel Pleistocene, per il ritrovamento di resti fossili di conifere (Pinus sylvestris) che si fanno risalire a 14.000 anni or sono, al periodo Tardoglaciale, la fase terminale della glaciazione del Würm.